Terapia Familiare

Nessuno di noi è immune ai problemi relazionali e uno dei luoghi dove si assiste più facilmente a crisi, conflitti o incomprensioni è proprio all’interno dell’ambiente familiare; per una famiglia può però essere difficile riconoscere qual ‘è il momento giusto per richiedere una terapia, per disinformazione, per abitudine al clima familiare, per timore.

Molte famiglie che richiedono una terapia familiare sono famiglie comuni che stanno attraversando situazioni di transizione, come ad esempio l’arrivo di un figlio, il passaggio nella fase adolescenziale di un ragazzo, l’uscita di casa dei propri figli, difficoltà relazionali tra i genitori…potrebbero essere molti gli esempi, perché sono tante le dinamiche familiari che si possono creare.

Generalmente risulta evidente la necessità dell’aiuto di uno specialista in terapia familiare quando la famiglia reagisce alla difficoltà diventando sempre più rigida verso il problema limitando così le proprie capacità di risoluzione dello stesso.

La terapia familiare si occupa delle dinamiche relazionali familiari di tutta la famiglia nucleare, ovvero mamma/papà, figli/e, comprendendo la possibilità di esplorare anche i legami con le famiglie d’origine dei genitori con differenti modalità, se i terapeuti ritengono possano essere utili alla risoluzione della difficoltà in cui si trova la famiglia; i soggetti coinvolti nella terapia sono quindi tutti i membri della famiglia e si richiede che, soprattutto nelle prime sedute, possano partecipare tutti; durante lo svolgimento delle sedute potrebbe essere necessario a giudizio dei terapeuti effettuare alcuni incontri solo con alcuni membri della famiglia, ma questo è un elemento variabile a seconda delle famiglie e del percorso che si struttura insieme.

Generalmente la terapia familiare è condotta in co-conduzione da due psicoterapeuti.

La terapia di coppia è richiesta dai due partner che possono trovarsi in un momento più o meno lungo di difficoltà riguardo a regole, accordi consapevoli o meno, alleanze, comunicazione, rigidità, ascolto, emotività che hanno bloccato le risorse personali di uno o entrambi i membri della coppia. La coppia che richiede l’intervento dello psicoterapeuta lavorerà proprio sulla ricerca e lo sviluppo di nuove e rigenerative risorse personali che li aiutino a definire un nuovo modo di stare insieme che sia soddisfacente e positivo per entrambi.

Il primo contatto con la famiglia è generalmente telefonico e spesso la persona che telefona al terapeuta non è informata sul funzionamento della terapia familiare, quindi si solito si forniscono alcune delucidazioni che riguardano la struttura delle sedute già al telefono se ci sono domande.

Tutta la famiglia è invitata a partecipare al primo colloquio, che ha una durata di un’ora e mezza circa; l’intervallo tra una seduta e l’altra è di due o tre settimane e viene concordato dai terapeuti con la famiglia stessa.

Le sedute sono condotte da due psicoterapeuti che si prendono cura del percorso con la famiglia. Ogni percorso è a sé, ma esiste la possibilità che i terapeuti decidano di vedere per uno o più colloqui solo la coppia genitoriale oppure solo i figli o ad esempio mamma e figlio, seguendo l’ipotesi e gli obiettivi sui quali stanno lavorando con la famiglia stessa.

La resistenza al cambiamento è una delle variabili che si affrontano molto spesso in terapia: potrebbe essere che uno dei figli sia poco convinto di intraprendere un percorso o ancora che lo sia uno dei due partner mentre l’altro spinge per iniziare. “Convincere” qualcuno ad intraprendere un percorso non è la scelta giusta, perché si rivela controproducente nella motivazione al percorso stesso.

Un’idea potrebbe essere cambiare la modalità di invito alla terapia familiare, provando a partire dai propri bisogni invece che da quelli degli altri, ad esempio: “dobbiamo iniziare una terapia familiare perché nella nostra famiglia non c’è niente che funziona, non ci sono regole e ognuno di voi fa quello che vuole” oppure “sento il bisogno di iniziare una terapia familiare perché mi sono accorto/a che abbiamo delle modalità di comunicare che non sono adeguate e che mi fanno soffrire, vorrei cercare di fare qualcosa per migliorare”.

Il secondo approccio potrebbe stimolare maggiormente il membro della famiglia più reticente!

I risultati dipendono molto dalle premesse e dalle richieste che ha la famiglia.

Potrebbero essere identificate e gestiti pericoli e conflitti familiari con modalità più soddisfacenti, affrontando in modo corretto le situazioni preoccupanti per la famiglia, esplicitare le ansie e trovare il modo di gestirle attraverso piccoli passi. Esplorare insieme come e perché insorgono i conflitti e cercare modi alternativi di mettersi in relazione con l’altro.

Il tutto avviene in un contesto sicuro e protetto dai terapeuti che si occupano di creare situazioni nelle quali la famiglia abbia la possibilità di esprimersi e di diventare una versione migliore di sé stessa.