In che Modo il Voto Potrebbe Giovare alla Salute Mentale?
Il voto è un diritto democratico che dà ad ogni cittadino l’opportunità di influenzare il modo in cui i futuri governi affronteranno le questioni importanti per la comunità in cui si vive.
Ma il voto offre dei benefici per la salute?
Diamo un’occhiata ad alcune ricerche che suggeriscono che il voto può aiutare a migliorare la salute mentale.
Gli studi hanno dimostrato che gli individui con scarsa salute fisica e mentale dichiarata sono meno propensi a votare alle elezioni rispetto a coloro che godono di buona salute.
Anche se non è ancora chiaro il motivo per cui ciò avviene, alcuni ricercatori hanno ipotizzato che potrebbe esserci un circolo vizioso: la cattiva salute può ridurre la motivazione, così come anche l’isolamento sociale può avere lo stesso effetto, il che può portare a diminuire l’impegno civico. A sua volta, la mancanza di partecipazione politica tra gli individui che godono di cattiva salute può significare che non hanno la possibilità di orientare le politiche sanitarie verso la direzione che potrebbe aiutarli ad accedere a una più ampia gamma di benefici.
Rompere il circolo vizioso della mancanza di impegno civico può avere un impatto positivo in più modi.
Oltre a permettere alle persone di avere un peso sui processi e sulle politiche che sono destinati a influenzare la società in cui vivono, gli studi hanno suggerito che l’atto del voto, di per sé, può portare alcuni benefici alla salute mentale e al benessere.
Quali sono questi benefici?
1. Il voto può alleviare il disagio psicologico
Nel 2001, L. Sanders, professore associato presso il Dipartimento di Politica dell’Università della Virginia a Charlottesville, ha presentato i risultati di uno studio sulla partecipazione politica e i suoi benefici psicologici al Meeting annuale dell’American Political Science Association a San Francisco, CA.
La sua ricerca ha ruotato intorno a una coorte di partecipanti femminili coinvolti in uno studio longitudinale secondo il quale “avevano 14-24 anni al loro primo colloquio nel 1968, ed erano state intervistate 20 volte tra il 1968 e il 1999“.
Sanders voleva scoprire se il voto e la partecipazione attiva alle questioni politiche potevano avere o meno un effetto sul disagio psicologico ed ha riscontrato che la partecipazione sembrava alleviare il disagio psicologico, il che avrebbe potuto compensare alcune delle conseguenze negative per la salute mentale associate ad uno stato sociale svantaggiato.
Le partecipanti allo studio che sembravano beneficiare maggiormente della partecipazione politica erano quelli più “inclini al disagio psicologico“.
Secondo questo studio si evidenzierebbe quindi una correlazione tra benefici derivanti dal voto e benefici sullo stato psicologico ed emotivo delle persone.
Per quanto riguarda le motivazioni, Sanders ha ipotizzato che essere politicamente attivi può offrire agli individui un senso di potenziamento personale: sentono di aver fatto del loro meglio per dare al destino la direzione desiderata, per quanto è in loro potere.
“Forse la conclusione più potente e politicamente importante che emerge dalla ricerca che riporto qui è che l’attività politica è una risorsa che potrebbe compensare alcune delle conseguenze negative per la salute mentale associate allo status sociale svantaggiato“, nota nel suo articolo. Sanders afferma che “parte dello svantaggio affrontato dai gruppi storicamente oppressi è la maggiore esposizione ad un trattamento ingiusto, compresa la discriminazione dovuta alla razza e al genere. La nostra attenzione si è sempre più rivolta ad altre forme di trattamento ingiusto, tra cui la discriminazione basata sull’età e la disabilità. Lo status sociale svantaggiato è significativamente correlato alla salute mentale. Questo studio suggerisce che la lotta contro la discriminazione aiuta a rendere la discriminazione meno psicologicamente consequenziale. Le prove convincenti qui riportate di benefici più marcati della partecipazione politica tra i soggetti psicologicamente vulnerabili sostengono le affermazioni dei teorici dell’empowerment secondo cui il coinvolgimento politico è particolarmente importante per i cittadini storicamente privi di diritti“.
2. Attivismo politico legato alla felicità
Un altro studio – del Prof. M.Klar, dell’Università di Göttingen in Germania e del Prof. T.Kasser, del Knox College di Galesburg – ha suggerito che potrebbe esserci un legame tra l’attivismo politico e varie misure di felicità; i ricercatori hanno pubblicato i loro risultati nel 2009.
I professori Klar e Kasser hanno analizzato i dati forniti da due sondaggi e da uno studio: i due sondaggi si sono rivolti a 341 studenti universitari, mentre lo studio supplementare si è rivolto a 718 attivisti.
Sulla base degli studi effettuati su questi dati i ricercatori concludono che l’attivismo politico è associato a diverse forme di felicità soggettiva e di benessere sociale.
“I risultati delle prime due indagini suggeriscono che gli attivisti hanno maggiori probabilità di sperimentare la soddisfazione di bisogni psicologici di base, un indicatore di esperienze più frequenti di motivazione intrinseca“, scrivono i ricercatori nel loro studio. In uno studio finale, i ricercatori hanno lavorato con 296 studenti universitari: hanno interrogato gli studenti sul loro stato di benessere dopo che si erano “impegnati in un breve comportamento attivista, un breve comportamento non attivista o nessun comportamento“.
Nel complesso, in termini di benessere soggettivo, c’era poca differenza tra i tre gruppi. Tuttavia, Profs. Klar e Kasser hanno notato che gli studenti che si erano impegnati in un comportamento attivista hanno riportato “livelli di vitalità soggettiva significativamente più alti” rispetto ai loro coetanei che si erano impegnati in un comportamento non attivista.
I risultati dello studio hanno fornito alcuni dati che suggeriscono che la freccia causale può anche scorrere dall’attivismo verso il benessere, scrivono i ricercatori.
3. Uno scudo contro i fattori di stress discriminanti
Alcune ricerche hanno suggerito che le persone che sperimentano frequentemente il razzismo e la discriminazione possono diventare più resistenti di fronte a questi fattori di stress se si impegnano nell’attivismo politico.
In un documento di studio del 2018 pubblicato su Cultural Diversity and Ethnic Minority Psychology, i ricercatori della North Carolina State University di Raleigh, della University of Chicago in Illinois e della University of Michigan di Ann Arbor discutono gli effetti dell’attivismo sugli studenti universitari neri e latino-americani che frequentano istituti prevalentemente bianchi.
I ricercatori spiegano che le persone che sperimentano la discriminazione razziale o etnica possono spesso sperimentare più stress, maggiore ansia e sintomi di depressione.
Tuttavia, attraverso il loro studio, hanno trovato che gli studenti universitari neri e latini sembravano essere più resistenti a tali fattori di stress se erano politicamente attivi.
“Gli studenti neri che erano più attivi politicamente durante il primo anno di scuola hanno riferito meno stress alla fine del primo anno“, hanno trovato i ricercatori. Questo non era vero per gli studenti latino-americani politicamente attivi. Tuttavia, per gli studenti latino-americani politicamente attivi, le aggressioni [legate alla razza o all’etnia] erano legate a meno stress e a meno sintomi depressivi.
Anche se non tutti possono sperimentare effetti positivi sulla salute mentale in relazione all’impegno civico, avere un senso di coscienza sociale può aiutare le persone ad assumere un maggiore controllo della propria vita e contribuire ad avvicinare le comunità.
BIBLIOGRAFIA
M.Cohut “How could voting benefits mental health”, Medical news today-2020